Quante volte pensiamo che le nostre paure, le nostre fragilità, sono da nascondere?
Ma ne siamo veramente sicuri? Oppure non abbiamo gli strumenti giusti per capire quello che ci stanno veramente raccontando di noi stessi?
E che potrebbero essere degli alleati fantastici per noi?
Ma… e una volta che accetto la mia paura, la mia fragilità, come posso farla diventare una risorsa?…
Esistono quattro fasi nell’apprendimento di una qualsiasi nuova abilità e di una conoscenza (sia emotiva che pratica).
1. Inconsapevole e incompetente:
non ne conosco l’esistenza e non ne ho alcuna informazione o nozione
.
2. Consapevole e incompetente:
Ok… Adesso so che esiste questa abilità e mi sento in difetto perché ancora non ho le conoscenze adeguate.
(È il momento di acquisire le conoscenze utili per farla mia).
3. Consapevole e competente:
Huao! Adesso so che esiste questa abilità ed ho iniziato a perseguirla e praticarla.
(Voglio essere competente!… Il problema potrebbe essere che faccio fatica ad essere costante nel mantenerla.
Ed è in questa fase che possiamo insieme solidificare il tutto)
4. Inconsapevole e competente:
EVVAI!!! Ormai questa abilità non ha più segreti per me! Senza sforzo e senza esserne consapevole (un po’ come quando si usa il cambio della macchina) la metto in pratica senza nemmeno far caso a quali ragionamenti sono necessari.
(Sono riuscito ad illuminare l’ombra dettate dalla mia paura e dalla mia fragilità!)
Proviamo un po’ a vedere un eventuale passaggio da Consapevole e incompetente a Consapevole e competente!
Quando si parla di paure e di fragilità diventa quasi automatico nasconderle, metterle in ombra…
Ma non si può parlare di ombra senza pensare alla luce, poiché senza di essa non potrebbe esistere.
Essere in luce presuppone direttamente che una parte sia in ombra e che questa zona d’ombra, in qualche modo, denota il limite della luce stessa, la risalta, ne è il profilo.
Pensando ai capolavori classici della pittura, non possiamo non osservare come l’ombra sia indispensabile per la lettura stessa dell’immagine, come sia così drammaticamente indispensabile per il contrasto di emozioni che può suscitare.
Pensando alla componente visiva del contorno che l’ombra ci enfatizza, prendiamo velocemente in esame una accezione, che non è presente nella nostra lingua.
“Dal greco “skià”: profilo, contorno, orlo.
Siamo così in presenza dell’ombra che definisce, dell’ombra che delimitando permette di cogliere, separare, di differenziare.
Pertanto, posso iniziare a percepire l’ombra non come un limite ma come una definizione, non come ciò che manca ma come il confine che mi definisce” (Mario Trevi ed Augusto Romano “Studi sull’ombra”).
L’Ombra può scaturire sia inconsciamente che consciamente.
Quando è inconscia non possiamo vederla direttamente, poiché è nascosta, e pertanto dobbiamo guardare le punte dell’iceberg:
“- l’Ombra si nasconde nelle nostre vergogne segrete.
– l’Ombra si nasconde nelle nostre proiezioni, nelle nostre reazioni violente nei confronti di un aspetto che vediamo negli altri ma non riusciamo a vedere in noi stessi.
– l’Ombra si nasconde nelle forme di dipendenza.
– quando parliamo, l’Ombra erompe attraverso i lapsus.
– l’Ombra erompe attraverso l’umorismo, soprattutto sotto forma di battute crudeli alle spese di qualcun altro e di comportamenti ridicoli.
– l’Ombra si presenta sotto forma di sintomi fisici. Noi possiamo anche raccontare bugie, ma non il nostro corpo. Noi possiamo anche dimenticare una violenza subita, ma non il nostro corpo.
– l’Ombra balla nei nostri sogni.
Poiché l’Ombra si forma nella primissima infanzia e che nel tempo, come tutti i caratteri, assume i suoi tratti peculiari e distintivi, risulta necessario affrontarla in un percorso di aiuto in modo da riuscire ad onorarla e comprenderla” (Connie Zweig e Steve Wolf “Il volto nascosto dell’anima)
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