Rabbi Zusya di Hanipol prima di morire disse:
“Nell’aldilà non mi verrà chiesto: Perché non sei stato Mosé.
Mi verrà chiesto: Perché non sei stato Zusya? (23)
In ambito psicologico, con il concetto di ombra possiamo riferirci ad almeno a tre significati (24):
- Ombra come parte della personalità;
la parte non accettata della personalità (tendenze, caratteristiche, atteggiamenti, desideri inaccettabili da parte dell’io).
In una nota di “Psicologia dell’inconscio” (25), Jung propone di questa accezione una definizione:
“Con Ombra intendo la parte “negativa” della personalità, la somma cioè delle qualità svantaggiose che sono tenute possibilmente nascoste e anche la somma delle funzioni difettosamente sviluppate e dei contenuti dell’inconscio personale.”
In questo primo significato, possiamo pertanto considerare l’Ombra come una parte inferiore della personalità e quindi una parte della totalità della psiche. - Ombra come archetipo;
Sempre in un passo di “Psicologia dell’Inconscio”, Jung scrive (26):
“Il diavolo è una variante dell’archetipo Ombra, vale a dire dell’aspetto pericoloso della parte oscura dell’uomo quando non è riconosciuta. Uno degli archetipi che si incontrano quasi regolarmente nelle proiezioni di contenuti collettivamente inconsci è il “demone magico” di effetto particolarmente sinistro”. - Ombra come immagine archetipica;
Un esempio potrebbe essere il tipico sogno in cui viene a trovarsi il soggetto in presenza di un personaggio particolarmente sgradevole (generalmente dello stesso sesso). In questo caso la possiamo considerare come il prodotto dell’attività dell’archetipo in sé sul materiale rimosso e su quello represso (o comunque più o meno inconscio). In tal caso, la figura sgradevole o moralmente difettosa si compone proprio degli aspetti negativi e inammissibili del sognatore (che in questo modo è posto di fronte a una parte di sé che meno vorrebbe riconoscere allo stato di veglia). (27)
Uno dei personaggi ombra più famosi in letteratura (assieme a Faust ed al Dottor Jekyll) è sicuramente Dorian Gray.
Quante volte siamo inciampati davanti allo specchio ponendoci, almeno fugacemente, il desiderio di apparire a chi incontriamo “con un viso bello e innocente, con modi affabili e gentili, con un’espressione giovanile e intelligente. In questo modo però, siamo inconsciamente ma inevitabilmente destinati a respingere tutte le qualità che non si addicono a questa immagine, che non accrescono la nostra autostima e di cui non siamo orgogliosi, ma che, al contrario, ci fanno provare vergogna e ci fanno sentire mediocri. Alla fine, queste qualità acquistano una loro autonomia, dando vita a un gemello invisibile che ci vive accanto o alle spalle, ma che è talmente diverso da quello che conosciamo da sembrarci un estraneo. L’ombra…” (28)
Quindi, ad un certo punto, inciampiamo improvvisamente ed inaspettatamente sulla nostra ombra. Inaspettatamente perché è come se non fosse una parte di noi. Non facesse parte dell’immagine che abbiamo di noi.
Jung a tal proposito scrive:
“L’individuo che desidera una risposta al problema del male deve innanzi tutto imparare a conoscersi, ovvero raggiungere la massima conoscenza possibile della sua totalità. Non deve mai stancarsi di scoprire quanto bene è in grado di fare e di quali crimini è capace e deve guardarsi attentamente dal considerare l’uno come una cosa reale e gli altri come un’illusione. Entrambi questi aspetti fanno parte della sua natura e, se vuole vivere senza ingannarsi o illudersi, come dovrebbe fare, sono destinati entrambi a venire alla luce” (29).
Ed usando sempre le parole di Jung, “Trovandosi faccia a faccia con Mefistofele, Faust non può più dire – Era la brutalità in persona! – ma deve confessare – Era il mio lato oscuro, il mio alter ego, la mia Ombra fin troppo tangibile che non posso più negare.” (30)
L’incontro con la nostra Ombra, il nostro Mefistofele, può essere spaventoso e destabilizzante in quanto riesce a prendere il comando rispetto al nostro Io.
Attingendo ancora al pozzo del pensiero di Jung, incontriamo questa sua riflessione:
“L’incontro con se stessi è innanzi tutto l’incontro con la propria Ombra. L’Ombra è una strettoia, una porta angusta, la cui dolorosa costrizione non risparmia nessuno tra coloro che discendono nel pozzo profondo. Ma per sapere chi siamo dobbiamo imparare a conoscerci. Perché dopo la porta, per quanto possa risultare sorprendente, ci aspetta una distesa sconfinata di nuova insicurezza, dove sembra non esserci né interno né esterno, né sopra né sotto, né qui né lì, né mio né tuo, né bene né male. È il mondo dell’acqua… dove io sono contemporaneamente questo e quello; dove sperimento l’Altro contenuto in me stesso e dove l’Altro sperimenta me.” (31)
Spesso si afferma che proiettiamo sugli altri le cause dei nostri problemi. Ma cosa è una proiezione?
Secondo la psicoanalisi, la proiezione è:
“…un meccanismo di difesa inconscio con cui il soggetto reagisce a eccitazioni interne spiacevoli da cui non può fuggire, negandole come proprie e attribuendole a cose o persone esterne.” (32)
Quindi, fondamentale per il counselor è effettuare un continuo lavoro su sé stesso in modo che il suo “saper essere” possa volgersi in modo costruttivo ed empatico verso il cliente.
Dando come assunto che tutto ciò che abbiamo nell’inconscio viene proiettato, risulta facile comprendere come si possono sviluppare le antipatie nei confronti delle persone in quanto possono esserci da specchio su tutte quello che noi riteniamo essere le nostre qualità inferiori non accettabili, le immagini ed i pensieri rimossi, le pulsioni ostacolate ed in genere tutto quello che non viene vissuto coscientemente dalla psiche.
Con una semplice frase, Gesù ci illustra drammaticamente il problema che il counselor si potrebbe trovare ad affrontare…
“Come puoi dire al tuo fratello: – Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio -, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”. (33)
Pertanto, quando proiettiamo l’Ombra attribuiamo agli altri le caratteristiche che rifiutiamo di noi. In questo modo, ci possiamo permettere di odiare nell’altro ciò che non possiamo odiare in noi stessi poiché dovremmo ammettere che è parte di noi stessi.
Ma l’Ombra che proiettiamo, ha sempre la stessa matrice?
Note
(23) Martin Buber – “I Racconti dei Chassidim” – Ed. Garzanti Milano, 1979 – Citazione in “Studi sull’ombra” Op. Citata – pag. 1
(24) “Studi sull’ombra”. Op. Citata. Pag. 6 e seguenti.
(25) C.G. Jung – “Psicologia dell’inconscio” tr. it in Opere, vol. VI Boringhieri, Torino 1969 – Nota citata in “Studi sull’ombra”. Op. Citata (pag. 8)
(26) “Psicologia dell’inconscio”. Op. Citata- Nota in “Studi sull’ombra”. Op. Citata (pag. 11)
(27) “Studi sull’ombra”. Op. Citata. Pag. 16.
(28) “Il volto nascosto dell’anima”. Op. Citata. Pag. 11
(29) C.G. Jung in “Ricordi, Sogni, riflessioni” Ed. Rizzoli. 1978 – In Op. Citata “Il volto nascosto dell’anima” pag. 15
(30) C.G. Jung in “Collected Work” Vol. 10 p. 215 – In Op. Citata “Il volto nascosto dell’anima” pag. 46
(31) C.G. Jung in “Collected Work” Vol. 91 p. 22 – In Op. Citata “Il volto nascosto dell’anima” pag. 47
(32) http://educaweb.altervista.org/content/view/27/9/
(33) Vangelo di Luca, Cap. 6 versetto 42. La Bibbia di Gerusalemme. Ed. EDB 2008.
Commenti recenti